Guido Rossa era un operaio, abitava a Genova, lavorava per l’Italsider, venne eletto nel Consiglio di fabbrica per la Fiom-Cgil. Era iscritto alPartito Comunista Italiano, sindacalista della CGIL all’Italsider di Genova-Cornigliano.
Erano gli anni di piombo, erano gli anni delle infami Brigate Rosse.
Capitava frequentemente che vicino alla macchinetta del caffè dello stabilimento Italsider di Genova venissero ritrovati volantini delle Brigate Rosse furtivamente lasciati per scopi propagandistici. Rossa nota che l’operaio Francesco Berardi si trova spesso nelle vicinanze del distributore. Il 25 ottobre 1978 gli operai trovano una copia dell’ultima risoluzione strategica brigatista, sempre vicino alle macchinette; Rossa nota un sospetto rigonfiamento sotto la giacca di Berardi, si reca negli uffici della vigilanza aziendale per esporre i suoi sospetti. Quando si decise di perquisire l’armadietto di Berardi vennero trovati al suo interno documenti brigatisti, volantini di rivendicazione di azioni compiute dalla BR e fogli con targhe d’auto appuntate. Guido Rossa decide di denunciare l’uomo. Viene lasciato solo perché nessuno ha il suo coraggio, hanno tutti paura di sfidare un Brigatista. Francesco Berardi cerca di fuggire ma viene fermato dalla vigilanza della fabbrica; si dichiara subito prigioniero politico, tipica formula Brigatista pronunciata dopo la cattura, e viene arrestato.
Guido Rossa non si arrende e decide di testimoniare al processo, Berardi viene condannato a quattro anni e mezzo di reclusione. Peccato che, al momento della condanna, fosse già morto suicida in carcere.
Temendo la vendetta dei brigatisti il sindacato offre a Rossa una scorta formata da operai volontari dell’Italsider, Rossa non poteva accettare di mettere in pericolo la vita degli altri operai e presto decise di rinunciare a questa “protezione”.
Il 24 gennaio 1979 alle 6:35 del mattino Guido Rossa esce dalla sua casa in via Ischia 4 per recarsi al lavoro con la sua Fiat 850. Ad attenderlo su un furgone Fiat 238 ci sono Riccardo Dura, Vincenzo Guagliardo e Lorenzo Carpi. I brigatisti gli sparano contro sei colpi, uccidendolo.
Guido Rossa ha avuto il coraggio di denunciare, di andare contro il sistema brigatista fatto di violenza, bombe e morti. Lo Stato lo ha lasciato solo, nessuno si è preoccupato per tutelare la sua vita, tutti erano pronti a piangerlo dopo la sua morte.
E’ più facile piangere un uomo morto che proteggere un uomo vivo scomodo.
Io voglio un nuovo inizio per questa Italia, voglio che inizi ad essere scritta una storia nuova, pulita, limpida. Questo passato fatto di eroi morti, bombe, segreti indicibili è un peso troppo grande per essere sorretto ancora facendo finta di nulla. Io voglio la verità.
Voglio sapere la verità sugli anni di piombo, perché troppe cose non sono chiare, a partire dall’associazione Gladio. Gladio è il nome in codice di una struttura paramilitare segreta di tipo stay-behind (“stare dietro”, “stare al di qua delle linee”) promossa durante la guerra fredda dalla NATO, per contrastare un eventuale attacco delle forze del Patto di Varsavia ai Paesi dell’Europa occidentale. E’ vero che Gladio manovrava estrema destra e sinistra per terrorizzare il popolo ed evitare che nel Paese prendesse piega il Comunismo, tanto temuto i quegli anni dalla NATO, che in Italia stava iniziando ad avere un discreto consenso e si voleva impedirne l’ascesa al governo? E’ vero che la strategia della tensione, tutte le bombe, i morti e gli estremismi a destra e sinistra degli anni di piombo furono sostenuti dagli Stati Uniti d’America per impedire al PCI, e in certo grado anche al PSI, di raggiungere il potere esecutivo nel Paese?
Voglio sapere la verità sulla trattativa Stato-Mafia.
Voglio sapere la verità e cominciare a ricostruire questo Paese sulle basi della legalità, della giustizia e della Democrazia.